“LA CREATIVITÀ ORGANIZZATA DI SANDI RENKO” DI SARA BASTIANINI

“Windows”, PoliArt Contemporary, Milano

Giugno 2017


Nel corso degli anni l’opera di Sandi Renko ha attraversato un notevole cambiamento evolutivo, sia da un punto di vista compositivo che cromatico. Le opere da monocrome si sono trasformate in policrome, la regolarità della forma si è combinata in poligoni irregolari, fino a raggiungere le grandi composizioni del ciclo Windows, realizzato per la mostra site-specific alla PoliArt Contemporary di Milano.

Renko pensa e pianifica, a tavolino organizza il suo complesso comporre: l’organizzazione del suo lavoro è impeccabile. Ora più che mai l’artista italo-sloveno vince un’ulteriore sfida, riuscendo a costruire l’opera in funzione dello spazio disponibile. Quelle di Windows sono opere molteplici, suddivise in pannelli poi ricomposti nelle imponenti opere, come un coro popolato dalle sue voci. Ecco che il canto finale si eleva a virtuosismi raramente raggiunti, dentro potenti viola, squillanti aranciati e immacolati azzurri.

Sandi Renko appare un uomo come tanti, si confonde nella folla, passa silenzioso e silenziosamente se ne va, una dote rara per un artista. Non ha la necessità di apparire, resta discreto, ma sempre attento e presente. Da sempre artista e designer, Renko vive dentro una creatività organizzata: la sua libertà creativa è possibile soltanto all’interno di una struttura prestabilita, il cubo, quasi fosse imprigionata dentro i suoi cubi stessi, talvolta divenuti tondi, e coordinata poi dalla invalicabile corrente del canneté. È proprio qui che s’incastrano perfettamente i suoi due lati di artista e designer.

Rispetto a una creatività libera e fantasiosa, seppur studiata, come nel caso di un pittore come De Nisco, privo di vincoli strutturali da seguire, Renko ha una libertà vincolata: una libertà di agire delimitata da blocchi contrattuali, tra cromie, disegni reali o apparenti e forme sagomate.

Un’ipotesi s’impone: che la sua ricerca sia una realtà speculare di quel navigare reale che Renko tanto ama per oceano o mare. Qui la sua barca è il suo colore, le correnti d’onde sono le onde del canneté, i riverberi del giorno e della notte sono le sue strisce di luce cangiante. Forse Renko abita persino una profondità impressionista o divisionista. Esplora l’Atlantico fendendo le onde con la prua della sua barca a vela, come il tiralinee o l’aerografo tracciano percorsi decisi o tonali per il raggiungimento di ogni cubo. E se la ripetitività perfetta e scandita dei cubi fosse la trasposizione dell’inesorabile ripetizione delle onde? Ecco dove può volgere la precisione e la programmaticità di gesti volti a un fine preciso. Nell’arte come nel mare, non c’è margine di errore, chi sbaglia ha perso per sempre.

La ricerca di Renko può sembrare senza tempo, attuale, datata e futuribile. Eppure la danzatrice Serena Zardini, vincolata nella sua coreografia a un cubo, sulle note dedicate da Paola Samoggia, è riuscita a cogliere nell’arte dell’artista la dinamica temporale. Spazio e tempo, allora, si sono saldati come i lati del cubo, per creare il solido arte-vita. Questa è la via. La musica danzata dentro la sua arte è stata per l’artista una prorompente rottura degli schemi, il capovolgimento di ogni parametro, quella libertà che conduce a oltrepassare i limiti.

Dentro e fuori dal cubo nasce la danza. Dentro e fuori dal cubo nasce Windows.